“Posso chiederle un favore?
Mi prende un tea alla pesca giù alle macchinette?”
Doretta.
Già, “la” Doretta, con quel vizio tutto nostrano di far precedere i nomi proprii femminili dall’articolo. Suona strano, rivederla là, dopo tanti anni, nel suo lettino d’ospedale. E pensare che quarant’anni fa era la cassiera del cinema dove il film era solo una delle attrazioni: perché, inutile nasconderlo, una di sicuro era lei. Avrà avuto, all’epoca, una trentina d’anni: bionda, minuta, ma molto ben proporzionata. Con le sue microgonne che suscitavano più che ammirazione, per noi giovani virgulti allora in piena tempesta ormonale e, come mai più, sensibili alle “giovani emozioni”. Una tipa alla Kylie Minogue, per capirci, anche se all’epoca non potevamo saperlo e neppure immaginarlo. Una sera l’avevamo anche aspettata, dopo la chiusura: tutti e quattro, noi inseparabili, quelli che si credevano moschettieri ma erano solo giovani allocchi. Quando poi la vedemmo salire su una Alfa sportiva, guidata da uno che puzzava di soldi a metri di distanza, fu un sottile sentimento di dolore, appena appena mitigato dalla visione celestiale dell’attimo tra il suo accomodarsi sul sedile e la chiusura della portiera.
Doretta.
Già, “la” Doretta, con quel vizio tutto nostrano di far precedere i nomi proprii femminili dall’articolo. Suona strano, rivederla là, dopo tanti anni, nel suo lettino d’ospedale. E pensare che quarant’anni fa era la cassiera del cinema dove il film era solo una delle attrazioni: perché, inutile nasconderlo, una di sicuro era lei. Avrà avuto, all’epoca, una trentina d’anni: bionda, minuta, ma molto ben proporzionata. Con le sue microgonne che suscitavano più che ammirazione, per noi giovani virgulti allora in piena tempesta ormonale e, come mai più, sensibili alle “giovani emozioni”. Una tipa alla Kylie Minogue, per capirci, anche se all’epoca non potevamo saperlo e neppure immaginarlo. Una sera l’avevamo anche aspettata, dopo la chiusura: tutti e quattro, noi inseparabili, quelli che si credevano moschettieri ma erano solo giovani allocchi. Quando poi la vedemmo salire su una Alfa sportiva, guidata da uno che puzzava di soldi a metri di distanza, fu un sottile sentimento di dolore, appena appena mitigato dalla visione celestiale dell’attimo tra il suo accomodarsi sul sedile e la chiusura della portiera.
E
adesso è lì, sola, nessuno che la venga a trovare: quando la terapia glielo
consentiva, i primi giorni, si allungava fino alla terrazzina del piano per
fumarsi una sigaretta, ma negli ultimi giorni devono averci picchiato duro, coi
sedativi.
Però….però
il fascino rimane: anche a settant’anni lo sguardo, quegli occhi grandi e gli
zigomi sporgenti portano i segni dell’antico splendore. Forse si è
rimpicciolita, e mi viene da sorridere a ripensare a quel film di Troisi dove
lui elabora una sua teoria secondo cui con gli anni certe ragazze “si fanno piccirille piccirille, quasi comm’ i
criature”. Si, decisamente glielo farò, il favore: è un minimo ricambiare
quello che, inconsapevolmente, lei fece anni fa a noi giovani allocchi.